


«Nel cuore della Georgia, lungo le rive del fiume Kura, si apre un’immensa parete di roccia traforata da migliaia di grotte e cunicoli, testimonianza di un passato di fede e resistenza.»
Così descriveva Vardzia lo storico georgiano del XVIII secolo Vakhushti Bagrationi, principe e cartografo, nel suo celebre lavoro “Descrizione della Georgia” (1745). Vakhushti raccontava di questa città-monastero come di un rifugio scolpito nella pietra. Si tratta di un luogo straordinario, in cui si mixano cielo e terra: la necessità di difendersi dalle minacce dell’uomo, ma con gli occhi puntati verso il cielo! Da qui, infatti, si riesce a godere di una visuale strategica della vallata.
Ma Vardzia nel periodo di massimo splendore era una vera città, che contava ben 6000 stanze su tredici piani, tra cui una chiesa e una sala reale, mentre un complesso sistema di irrigazione formato da canali scavati nella roccia e tubi di argilla garantiva un continuo approvvigionamento idrico al monastero. Immaginate di perdervi in una delle 600 stanze oggi visitabili, vedere dei fantastici affreschi medievali (potrei sicuramente provare un effetto wow simile a quello di una mostra permanente di mosaici romani in un museo della nostra capitale), e di ammirare, tramite le tante aperture, dei fantastici scorci sul verde paesaggio circostante!
Vardzia racconta una storia di resistenza, ma anche di ingegno: immaginate quanto possa essere complesso scavare nella roccia? E pensare che stiamo parlando di una città risalente al 1100 d.C! Ma è anche la storia di un popolo particolarmente orgoglioso del proprio credo religioso, tanto da decidere di realizzare un monastero come una fortezza inespugnabile, nel tentativo, forse (interpretazione personale), di preservare qualcosa di prezioso: mi viene in mente l’immagine di una cassaforte in cui conserviamo i nostri oggetti di valore. Ma Vardzia è più di un monastero, fungendo da luogo di rifugio per la popolazione circostante in presenza di attacchi. Beh (altra interpretazione personale), mi viene in mente l’immagine di una madre (in questo caso la fede) che accoglie i propri figli nei momenti di lotta interiore.
Vardzia riuscì effettivamente a resistere ad attacchi militari, ma non riuscì, invece, a sopravvivere a un potente terremoto del 1283, che distrusse buona parte della città, facendo anche collassare il sofisticato sistema di irrigazione. Eh si, la storia di Vardzia, in fondo, ci ricorda che, sotto certe condizioni, possiamo controllare l’operato dell’uomo, ma nulla possiamo invece contro la potente azione della natura!